Ma gli impianti fotovoltaici vanno accatastati?

b2ap3_thumbnail_accatastamento-fotovoltaico.jpgRecentemente è stato chiarito dall’Agenzia delle Entrate in quali casi è necessario accatastare gli impianti fotovoltaici e come, di conseguenza, trattarli dal punto di vista fiscale.
Con la Circolare 36/E , pubblicata a dicembre 2013, l’Agenzia ha chiarito vari dubbi degli operatori del settore, dando indicazioni per inquadrare correttamente gli impianti fotovoltaici sul piano fiscale e catastale.

In particolare, il documento di prassi spiega quando queste installazioni sono qualificabili come beni mobili o immobili e il diverso trattamento che ne deriva in termini di imposte dirette, IVA e registro; dipende, soprattutto da dimensioni, potenza e valore economico dell'impianto.
In linea di massima gli impianti vanno considerati immobili quando sono identificabili nella categoria catastale D1 (Opifici) o D10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse ad attività agricole), cioè quando sono palesemente delle grandi centrali elettriche totalmente scollegate da un immobile e la cui produzione è destinata alla vendita (es. grandi impianti a terra o su pensiline).
Ma il caso che interessa di più i privati e i proprietari di abitazioni dotate di impianti residenziali è:  quando per un impianto installato su un edificio sussiste l'obbligo di variazione catastale?

La Circolare in merito dice: "… è necessario procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita dell’unità immobiliare a cui risulta integrato, allorquando l’impianto fotovoltaico ne incrementa il valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15% o superiore, in accordo alla prassi estimativa adottata dall’amministrazione catastale".

Inoltre l’Agenzia spiega quali gli impianti che non sono soggetti in nessun caso ad accatastamento (né come unità immobiliare autonoma, né come variazione della rendita) e soni quindi sempre considerabili come beni mobili:
- impianti con potenza inferiore a 3 kwp (o comunque inferiore a 3 kwp per ogni unità immobiliare servita dall’impianto stesso);
- impianti la cui potenza nominale complessiva non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall’impianto, indipendentemente dal suo posizionamento;
impianti iubicati al suolo il cui volume individuato dall’intera area destinata all’intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall’altezza relativa all’asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3.

Quindi se non rientra nelle casistiche sopra elencate e se incrementa il valore catastale dell’edificio sul quale è installato di almeno il 15% è soggetto ad accatastamento (non come unità autonoma ma aumentando la rendita catastale dell’immobile e senza mutarne la classificazione).

Vediamo come si calcola l’incidenza percentuale sul valore, per verificare se incide di più o di meno della “fatidica”soglia del 15%:
Il valore catastale dell’immobile si ricava moltiplicando la rendita per uno dei seguenti coefficienti in base alla sua destinazione:
- 100 per unità immobiliari dei gruppi A, B e C escluse A/10 e C/1
- 50 per unità immobiliari del gruppo D (a destinazione speciale) e per A /10 (uffici)
- 34 per unità immobiliari del gruppo E (immobili a destinazione particolare) e per C/1 (negozi e botteghe)

Il valore catastale dell’impianto si può ricavare invece con due metodi:
- metodo A) se si conosce il prezzo di acquisto dell’impianto la formula è: costo impianto x 0,75 x 0,50
- metodo B) se non si conosce il prezzo di acquisto: potenza (Kwp) x 1’200

Esempio pratico:
Un’abitazione con rendita catastale di € 900 avrebbe una valore catastale di € 90'000 (900x100); quindi la soglia del 15% è pari a € 13’500.
L’impianto installato ha una potenza di 4 Kwp, pagato € 16'000; con il metodo A ho un valore catastale di € 6'000 (16'000x0,75x0,5) mentre con il metodo B raggiungo un valore di € 4'800 (4x1’200)
Con entrambi i metodi rimango al di sotto della soglia del 15% (€ 13'500), quindi non è necessario effettuare la variazione catastale dell’immobile aggiornando la rendita.

Dipende quindi molto dal rapporto rendita catastale dell’edificio/taglia impianto; in linea generale  comunque un impianto installato su un’abitazione o su un’attività produttiva difficilmente supera il 15% del valore catastale dell'immobile, non assoggetandoli ad accatastamento.
Ad oggi c’è ancora molta confusione e dubbi interpretativi al riguardo, anche da parte degli uffici competenti, quindi è probabile che prossimamente saranno espressi chiarimenti ufficiali.

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